“Buonanotte, Mamma”. Recensione della prima del 14 febbraio 2024
In scena al Teatro Sala Umberto fino al 25 febbraio.
“Buonanotte, Mamma” – il pluripremiato dramma (Night, Mother) scritto nel 1981 da Marsha Norman e diretto da Francesco Tavassi – è un’opera potente, impegnativa e coinvolgente che vede in palcoscenico, al Teatro Sala Umberto di Roma, due strepitose attrici, Marina Confalone (nella parte della madre Thelma) e Mariangela D’Abbraccio (che propone la figlia Jessie Cates); interpretano due personaggi complessi e commoventi.
Nell’abitazione delle due donne sembra una sera come tante, di vita ordinaria; ma non è una sera come le altre, Jessie ha deciso che proprio quella sera si suiciderà e annuncia alla madre l’ora stessa in cui compirà il gesto.
Nel corso della serata, Jessie ripercorre la sua vita, le sue frustrazioni e i suoi dolori (soffre di epilessia, la stessa malattia del padre), mentre Thelma cerca di dissuaderla dal suo proposito. La malattia non le ha permesso di vivere una vita “normale”, a ciò si aggiungano la separazione dal marito ed un figlio drogato e delinquente. Il mal di vivere ha preso il sopravvento e la donna – che non riesce ad uscire dal labirinto in cui si trova rinchiusa – non ha più voglia di vivere. C’è una sofferenza fisica ma anche e soprattutto psichica. Vivere è diventato insopportabile
Mariangela D’Abbraccio riesce a dare voce, temperamento al suo personaggio tormentato ma allo stesso tempo meticoloso, che ha organizzato tutto, nei minimi particolari, in vista della sua uscita di scena dalla vita; non vuole lasciare alla madre problematiche fin nelle cose più banali. Nella rappresentazione si esplora la complessità delle relazioni familiari e il tema del mal di vivere dovuto ad una oggettiva situazione di sofferenza, in cui non si intravedono vie d’uscita.
Il dramma è stato adattato per il cinema nel 1986 con il titolo “Una finestra nella notte”, con la regia di Tom Moore e le interpretazioni di Sissy Spacek e Anne Bancroft. Buonanotte mamma è stato rappresentato numerose volte in teatri italiani; la più nota è la prima del 1984 con Lina Volonghi e Giulia Lazzarini per la regia di Carlo Battistoni.
Bravissima è pure Marina Confalone nei panni di Thelma; è anche lei una vittima della vita, non ha saputo gestire il dramma familiare di marito e figlia ammalati che “si accendevano e spegnevano in continuazione”. In quell’ultima manciata di minuti di vita della figlia, emergono i sensi di colpa, l’avvilimento, la sconfitta, l’impotenza.
La conversazione tra le due donne – entrambe sconfitte e perdenti – è intensa e toccante, affrontando temi come la malattia, la solitudine, la depressione, l’amore e la morte.
Paradossalmente Jessie, pur ammalata e dolente, si sente meglio, è lucida grazie alle cure e proprio per questo ha deciso di morire. Intende farlo con consapevolezza; la sua è una decisione maturata a lungo, che ora ha la forza di portare a termine.
Tutta la rappresentazione è imperniata sul dialogo tra madre e figlia, mentre l’orologio ben in vista sul mobile – e di cui ogni tanto si sente il ticchettio – propone una sorte di tragico e inesorabile count down verso il momento dell’ultimo saluto: Buonanotte Mamma.
Brunella Brienza