Successo al Teatro Brancaccio del dark musical che racconta l’oscurantismo di ieri e di oggi

“L’Ultima strega”. La recensione della prima del 27 ottobre.
In scena al Teatro Brancaccio fino al 6 novembre 2016

Grande successo per “L’ultima strega”,  il dark musical in scena al Teatro Brancaccio. Racconta la storia di due scrittori alle prese con un romanzo sull’ultima donna condannata per stregoneria in Europa (in Svizzera, a Glarona nel 1782).

Così ci si trova catapultati  a fine ‘700 in una vicenda inventata  (ma che ha preso spunto dalla realtà) che si snoda tra musical e thriller. Con la storia vera dell’ultima strega, Anna Goeldi,  l’unico contatto forse è la presenza di grossi spilli nel cibo, nei piatti di una ragazza che poi saranno il pretesto per l’accusa di stregoneria.

L’atmosfera settecentesca si ritrova già nel foyer con le addette alla sala vestite da popolane dell’epoca.

Il musical scritto e diretto da Andrea Palotto, vede in scena i bravissimi Valeria Monetti (Anna Goeldi), Cristian Ruiz (il giudice), Lorenzo Gioielli (Padre Monetti), Simone Colombari (il fornaio). Un ottimo cast per una storia avvincente, quella di una donna – accusata, condannata e poi decapitata – perché la gente (ieri come oggi) è diffidente e reagisce con rabbia e violenza verso chi appare ai suoi occhi diverso e forestiero, condannandolo senza appello. Un messaggio che ha una grandissima attualità in tempi come questi in cui si alzano muri invece di accogliere gli stranieri di oggi.

Le musiche sono suonate dal vivo dall’ensemble di cinque elementi ( pianoforte, violino, viola, clarinetto e violoncello), diretto da Andrea Scordia. Peccato che i musicisti siano un po’ troppo nascosti nella buca allestita sotto il palco e che, quindi, non tutti gli spettatori si siano accorti della particolare proposta musicale live.

La lotta tra il bene ed il male, l’oscurantismo (ancora presente nel tempo dei lumi della ragione), in questo pregevole spettacolo, sono puntualmente raccontati tra recitazione e canto, con rimandi ai tempi odierni o, al contrario, incursioni (dei due scrittori) nei tempi passati.

Claudio Costantino

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