All’Argot, un Don Chisciotte beckettiano

“Gioco di specchi”. La recensione della prima del 21 aprile 2015.
In scena al Teatro Argot fino al 23 aprile

Con “Giochi di specchi” si è inaugurata, con grande successo, la rassegna di teatro contemporaneo “Primavera Argot”, con sei spettacoli dal 21 aprile al 7 maggio. Il pubblico ha molto apprezzato questa prima rappresentazione,, tributando lunghi applausi agli interpreti.

“Aspettando la morte”: parafrasando Samuel Beckett (Aspettando Godot) potrebbe sintetizzarsi così il senso di “Gioco di specchi”, dramma scritto da Stefano Massini, diretto e interpretato da Ciro Masella, in scena con Marco Brinzi.

Soli, abbandonati in uno spettrale paesaggio beckettiano, Don Chisciotte e Sancio Panza (proprio i personaggi del capolavoro di de Cervantes), hanno fatto lo stesso sogno: ad uno dei due la morte l’attende all’alba, sotto un albero di melograno. Un presagio funesto che li costringe a riflettere sull’incombenza della morte, sulla precarietà dell’esistenza, sulla fragilità dell’uomo annichilito davanti al destino ineluttabile.

Teatro dell’attesa ma non dell’assurdo, con i due protagonisti  che affrontano dialoghi serrati e profondi. Sono pieni di dubbi esistenziali, in attesa della loro Godot, che è la morte pronta a falcidiare.

Sancio sembra più coraggioso e riflessivo di don Chisciotte che, tra i due, è quello più spaventato. L’autore si diverte a capovolgere i tratti caratteriali dei personaggi di de Cervantes, anche se poi si scoprirà che, nel gioco degli specchi (con un richiamo forse anche al mito della caverna di Platone), l’apparenza inganna la realtà.

Ottima la prova interpretativa di Masella e Brinzi che, nel chiaroscuro, litigano, lottano, si confrontano dialetticamente. Affrontando così la loro partita a scacchi con la morte (tra gli elementi in scena anche una scacchiera, esplicito riferimento al film, di Ingmar Bergman, “Il settimo sigillo”).

I due indossano anche l’armatura che poco può difendere dal fato, mentre il buio avvolge tutto e si resta in attesa dell’alba e della sua condanna.

Claudio Costantino

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