Fabio Zuffanti: vi racconto la mia musica strana

  Si intitola “La foce del ladrone” (Long Song 2011) ed è il nuovo disco del poliedrico artista genovese Fabio Zuffanti. Un omaggio a Franco Battiato, e  l’occasione per ricordare un suo disco di svolta, “La voce del padrone”, che festeggia i 30 anni (uscì nel 1981). Un cd, quello di Zuffanti, molto particolare, che abbandona – come Battiato – la sperimentazione per abbracciare la canzone d’autore più raffinata. Atmosfere alla Battiato, ma anche battistiane, per certi versi autobiografico ed ironico sulla disattenzione del pubblico alla “musica strana”… ne parliamo con Fabio Zuffanti

Fabio, cosa ha rappresentato per te “La voce del padrone” di Battiato?

‘La voce del padrone’ uscì nel 1981 ma ebbe la sua grande esplosione nell’estate del 1982. All’epoca avevo 14 anni e ricordo che in giro non si ascoltava altro, era diventato un fenomeno pazzesco! Chiaramente quindi, anche volendo, non avrei potuto evitare di ascoltare le canzoni di quel disco. Canzoni solo apparentemente semplici e a dir poco curiose. Questo mix tra l’orecchiabilità (con diverse strambe armonie) di quelle canzoni e un certo mistero riguardo al loro contenuto ha fatto sì che la cosa mi prendesse nel profondo e mi affascinasse. E fece questo effetto su di me come su un altro milione e passa di acquirenti dell’ LP, per lungo tempo il disco più venduto nella storia della musica italiana. Le canzoni più orecchiabili poi erano solo la punta dell’iceberg, nel disco vi erano tracce come ‘Gli uccelli’ o ‘Segnali di vita’, connubi straordinari tra tendenze classicheggianti e pop che hanno contribuito tantissimo alla mia crescita come ascoltatore. Battiato fece scattare in me il pensiero che forse, visto che le sue canzoni mi prendevano tanto, la musica per me poteva essere qualcosa di più che un semplice ascolto, un qualcosa che io stesso avrei potuto manipolare. Credo quindi che da lì siano stati gettati i semi per quella che è la passione che ho coltivato e che col tempo (e sacrifici immani) è diventata un lavoro. 30 anni dopo l’uscita di quel disco così importante non potevo quindi esimermi dall’omaggiarlo alla mia maniera. Non avrei mai potuto fare un semplice disco di cover così ho deciso di cercare di ricreare l’atmosfera di cui quel lavoro era permeato e di costruire delle canzoni che potessero unire una certa semplicità alla profondità di quello che è il mio retroterra prog. Conta inoltre che avere il coraggio di realizzare un disco pop (genere che reputo assai più difficile da concepire rispetto al prog) è per me un grande traguardo. Per chiudere il cerchio quindi non potevo che rifarmi a Battiato per celebrare questa consapevolezza.

Per molti che furrono conquistati dalle sonorità sperimentali di Battiato quell’album di svolta fu quasi un tradimento. Senz’altro la musica acquistò un poeta raffinato ma perse uno sperimentatore geniale.

Il Battiato sperimentale fu una scoperta che arrivò poco dopo ‘La voce del padrone’. Ricordo un pomeriggio in cui ebbi la fortuna di ascoltare l’intero ‘Fetus’ (all’epoca introvabile nella sua versione completa). Rimasi choccato. Era incredibile che il Battiato che conoscevo potesse essere stato così diverso una decina di anni prima. La cosa mi colpì così tanto che dentro di me decisi che se anche io un giorno avessi fatto musica mi sarebbe piaciuto avere la possibilità di fare cose più strane come ‘Fetus’ e cose più ‘per tutti’ come ‘La voce del padrone’. E infatti credo di avere mantenuto questa promessa, anche se a fare le cose più pop ci sono arrivato solo ora, alla veneranda età di 43 anni. Ma ora, e non prima, era il momento giusto.Ritornando a Battiato posso immaginarmi le critiche per la sua svolta pop da parte di quelli che avevano seguito il suo lavoro nell’ambito della musica elettronica e d’avanguardia. Io amo molto quell’inarrivabile periodo e sono tutt’ora convinto, nonostante tutto, che il Battiato più affascinante sia quello di opere come ‘Sulle corde di aries’, ‘Pollution’, ‘Clic’… ma sono altresì sicuro che Franco abbia fatto la scelta giusta virando verso la canzone. E i fatti gli hanno dato ragione. Credo inoltre che abbia comunque sempre mantenuto una grande voglia di sperimentare. Negli anni ha dimostrato di essere un musicista a 360 gradi e questa è la cosa che alla fine più ammiro in lui. In Italia non c’è quasi nessuno che abbia percorso questo cammino con la sua lucidità. Per questo merita un grandissimo rispetto ed ogni critica sulle sue presunte svolte commerciali mi sembra fuori luogo. Ce ne fossero di Battiato!

a cura di Gaetano Menna

 e parte dell’intervista

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