Il teatro canzone di Neri Marcorè al Quirino: le lucciole tornano a splendere

Quello che non ho. La recensione
In scena al Teatro Quirino fino al 5 marzo 2017

Neri Marcorè, al Teatro Quirino con “Quello che non ho”, propone un rinnovato spettacolo di “teatro canzone”, che si richiama al Fabrizio De André delle grandi collaborazioni (quelle con Bubola, Fossati) ed al Pier Paolo Pasolini degli “Scritti corsari”. Regia e drammaturgia sono di Giorgio Gallione.

Uno spettacolo che ricorda la denuncia – ancora attuale – di un paese che si stava (e si sta) imbarbarendo. Dalla denuncia del passato a quella dell’oggi, con il medesimo trasporto di De André e Pasolini. Proseguendo, sulle loro orme, a raccontare i temi dell’ingiustizia, della diseguaglianza, della discriminazione, della violenza su deboli e minori, dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici.

C’è la voglia di De Andrè di trovare una “goccia di splendore”, di Pasolini di cercare la verità con rabbia, senza fare sconti a nessuno. Rabbia che si concretizza sul palco con sedie scaraventate per terra, a sottolineare i moti dell’anima, la voglia impetuosa di sconfiggere usi ed abusi che stanno distruggendo il pianeta ed anche il nostro paese; con la volontà di demolire fino in fondo i comportamenti negligenti e l’indifferenza che attanaglia la società contemporanea. Incredibilmente i mali di oggi De André e Pasolini li avevano visti e previsti più di quarant’anni fa.

Marcorè ed i formidabili chitarristi-vocalist che lo accompagnano (Pietro Guarracino e Vieri Sturlini che suonano assieme da diversi anni, Giua che già si è cimentata con De André) sanno creare suggestioni ed atmosfere musicali incredibili. Con chitarre e voci armoniche che si amalgamano con talento, creando un sound pazzesco. In primo piano la straordinaria perfomance canora di Marcorè che rende così un grandissimo tributo all’universo musicale deandriano. La scenografia di Guido Fiorato e le luci di Aldo Mantovani danno concretezza alla voglia di scardinare l’orpello per ritrovare l’essenza, la verità, per scavare nell’io.

Nello spettacolo emergono la ribellione, la denuncia, l’indignazione ma mai la rassegnazione. Marcorè, richiamandosi a Pasolini,  sottolinea come le lucciole siano tornate a splendere e che il nostro Paese ha tutte le carte in regole per rialzarsi; ha la bellezza, la cultura, l’ingegno apprezzati in tutto il mondo anche se da noi dimenticati o sottovalutati.

All’insegna dello splendore delle lucciole è giunto il momento di dare una svolta radicale. Questo il messaggio positivo, apprezzato dal pubblico che ha tributato calorosi e prolungati applausi a Neri Marcorè e compagni.

Claudio Costantino

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