“Matilda. Il Musical”, recensione della prima del 4 dicembre.
In scena al Teatro Sistina fino al 4 gennaio 2026
Il Teatro Sistina si conferma ancora una volta il tempio della commedia musicale italiana, capace di aggiornarsi ai tempi attuali senza perdere la sua aura sacra. La sera della prima, il 4 dicembre, il pubblico è stato accolto in un’atmosfera immersiva: nessun sipario a dividere la platea dal palco, ma un proscenio trasformato in un antro magico fatto di caselle con le lettere dell’alfabeto. Solo alcune brillano, componendo il nome della protagonista di “Matilda Il Musical“. È l’inizio di un viaggio che resterà in scena fino al 4 gennaio 2026.
Questa produzione porta in scena una storia che ha attraversato generazioni e formati diversi, mantenendo intatto il suo fascino. Basato sull’amato romanzo per bambini “Matilde” di Roald Dahl del 1988, il racconto ha conosciuto una prima celebre incarnazione cinematografica nel 1996 con “Matilda 6 mitica” e nel 2010 è diventato il musical pluripremiato che vediamo oggi. Con il libretto di Dennis Kelly e le musiche e liriche di Tim Minchin, l’opera ha riscosso un successo tale da generare a sua volta il recente film Netflix. La versione italiana, prodotta da PeepArrow Entertainment in collaborazione con il Teatro Sistina, porta la firma inconfondibile di Massimo Romeo Piparo, che ne ha curato la regia e l’adattamento, proponendo integralmente in italiano sia i testi recitati che le canzoni.
Piparo confeziona quello che a prima vista appare come il perfetto “spettacolo di Natale”, un “teatro-panettone” nel senso più nobile e accogliente del termine. Ma dietro l’intrattenimento e le luci colorate si nasconde una riflessione più profonda. C’era il rischio che con questo musical potesse passare un messaggio sbagliato, quasi “diseducativo”, nel mostrare una bambina che si ribella agli adulti. E invece accade l’opposto.
Parliamoci chiaro: da questa storia le istituzioni cardine della società, come la famiglia e la scuola, non ne escono affatto bene. Rappresentate da genitori cinici e da una preside che terrorizza i suoi studenti, queste figure abdicano al loro ruolo. È proprio in questo vuoto che la ribellione di Matilda diventa necessaria e positiva: non è una banale disubbidienza, ma una spinta vitale all’autonomia e al coraggio, trasformando l’assenza di protezione in una lezione di resilienza per tutti i giovani spettatori.
Il punto di forza di questa edizione è indubbiamente il cast, capace di coinvolgere un pubblico trasversale e di tutte le generazioni. La sfida più ardua spettava a Sebastiano Somma nel ruolo della Signorina Trinciabue, chiamato a raccogliere l’eredità di Luca Ward, protagonista indiscusso della prima edizione. Eppure, Somma non fa assolutamente rimpiangere il suo predecessore: al suo debutto nel musical, veste i panni en travesti della terribile preside con una verve esilarante e una presenza scenica che sorprende, rivelando doti canore inaspettate.
Al fianco di Somma troviamo Roberta Lanfranchi, un’artista che al Sistina è letteralmente di casa. Quello della Lanfranchi non è un ritorno qualsiasi, ma la conferma di un legame storico con questo palco, iniziato con Garinei in “Se il tempo fosse un gambero” (2003) e proseguito con i musical e le commedie comiche firmati Piparo, come “Cenerentola”, “Sette spose per sette fratelli”, “Smetti di piangere Penelope” e “Belle Ripiene”; questa familiarità si traduce in una Dolcemiele solida, toccante e convincente, confermando la sua bravura sia nella recitazione che nel canto.
Preziosa anche la prova di Ilaria Fioravanti nel ruolo della bibliotecaria Mrs. Phelps, la prima a credere nel potere delle storie di Matilda.
Se, nella storia, Dolcemiele e Mrs. Phelps sono due figure femminili luminose, pronte a “salvare” Matilda dalla rassegnazione, sul fronte opposto troviamo la famiglia Wormwood, vero ritratto della superficialità grottesca contro cui si scontra l’intelligenza della piccola protagonista. A rappresentarne i componenti troviamo un gruppo di interpreti irresistibili: Gianmarco Pozzoli nel ruolo del padre cinico e goffo, affiancato da una bravissima Elena Mancuso (la madre superficiale), da Giovanni Papagni (il fratello Michael), da Paolo Giammona (Rodrigo, l’istruttore di danza in un certo qual modo aggregato alla famiglia). In evidenza anche la versatilità di Matteo Guma in più ruoli (Dottore/Sergei/Escapologo).
Vera rivelazione è la protagonista Giulia Chiovelli. Figlia d’arte (forma con il papà Andrea il duo “The Chiovellis”), Giulia porta in scena una performance incredibile, sfoggiando una maturità artistica sorprendente.
Menzione d’onore anche per gli altri interpreti e il gruppo di giovani e bambini, veri professionisti provenienti dal vivaio dell’Accademia del Sistina, la grande scuola di formazione al musical; questi ragazzi hanno un’energia contagiosa e sostengono con capacità e talento i ritmi serrati delle coreografie di Billy Mitchell.
L’emozione dello spettacolo è amplificata dalla musica dal vivo: la band di 5 musicisti, diretta da Federico Zylka con la supervisione musicale di Emanuele Friello, è il motore pulsante della messa in scena, visivamente arricchita dal disegno luci di Umile Vainieri.
“Matilda Il Musical” si conferma così una produzione che guarda alle nuove generazioni, formando e facendo crescere sia i giovani sul palco che quelli in platea, divertendo e facendo riflettere contemporaneamente. Un appuntamento imperdibile per questo Natale romano.
Bruna Brienza



