
“Indovina chi viene a cena”. La recensione della prima del 16 ottobre.
In scena al Teatro Quirino fino al 26 ottobre 2025
Il Teatro Quirino di Roma ha ospitato la prima di un evento teatrale di grande risonanza, l’adattamento di “Indovina chi viene a cena?” di William Arthur Rose, un’opera che, da icona del cinema del Novecento, interpretato dai “mostri sacri” Katharine Hepburn e Spencer Tracy, si dimostra oggi più che mai di stringente rilevanza.
La regia di Guglielmo Ferro riporta in scena questa stupenda commedia che affronta il tema di un matrimonio misto, e più in generale dell’integrazione, che èuna questione che nell’America di fine anni ’60 faceva grande scalpore, ma che in una società sempre più multietnica come la nostra risulta di cocente contemporaneità. L’adattamento curato da Mario Scaletta, che in scena veste anche i panni di Padre Ryan, ha saputo non solo mantenere intatta la forza del testo originale, ma anche renderlo estremamente pertinente, “nel linguaggio più crudo e diretto”. Scaletta e Ferro hanno operato un felice connubio di fedeltà e rinnovamento, come dichiarato dallo stesso regista, entusiasta di portare in scena un testo brillante con un messaggio a forte connotazione sociale.
La coppia protagonista, composta da Cesare Bocci (Matt Drayton) e Vittoria Belvedere (Cristina Drayton), offre una prova attoriale convincente e toccante ed è la vera arma vincente di questa pièce.
Bocci regala al suo Matt Drayton la giusta dose di dignità e di tormento. Il suo è il ritratto di un uomo liberale che si scontra, suo malgrado, con i pregiudizi profondi più che personali, della società.
Il protagonista gestisce con maestria l’escalation emotiva, dall’iniziale composto disagio, alla liberazione finale. Il culmine emotivo è raggiunto dal monologo conclusivo (del film come della rappresentazione) di Matt Drayton, un pezzo che è rimasto immutato rispetto alla pellicola e che Bocci ha saputo interpretare con una intensità che ha vibrato in platea, rendendolo il grido onesto di un padre che capisce che l’amore di sua figlia vale più di qualsiasi convinzione e convenzione sociale.
Vittoria Belvedere, nel ruolo di Cristina Drayton, emerge con una performance di grazia e forza contenuta. È la madre che, pur provando il medesimo turbamento del marito, trova prima di lui la chiave della “comprensione”. La sua Cristina è inizialmente composta, ma lascia trasparire una profonda, visibile lotta interiore tra le preoccupazioni per il rifiuto sociale e il suo istinto materno. La sua emozione, profondamente sentita, si trasforma in un sostegno silente ma potentissimo, in particolare durante il monologo di Matt. La sua presenza scenica, così emozionata e partecipe, ci ha ricordato la memorabile Katharine Hepburn e le sue lacrime cocenti, confermando la sua capacità di dare spessore a un personaggio così carismatico.
L’intero cast – che include pure Elvira Cammarone (July), Federico Lima Roque (John Prentice),Thilina Pietro Feminò (Sig. Prentice), Ira Noemi Fronten (Sig.ra Prentice), Fatima Romina Ali (Tillie), lavora in sincrono per ricreare la tensione e l’umorismo agrodolce della situazione scioccante (per l’epoca ma non solo) di una coppia con diverso colore della pelle. La grande fedeltà al film è evidente in momenti cruciali, come il toccante dialogo tra padre e figlio, che sottolinea non solo il tema dell’integrazione sociale ma anche il divario generazionale e identitario.
L’essenza dello spettacolo, e il suo innegabile successo di pubblico (con repliche al Quirino fino al 26 ottobre ), risiede nella sua capacità di toccare le corde dell’emozione avvolgente che il tema della comprensione suscita. Come affermato da Guglielmo Ferro, lo spettacolo parla di “differenze e di comprensione”, un termine preferito rispetto al più restrittivo concetto di “tolleranza”.
Il soggetto, pur avendo mezzo secolo, grazie all’adattamento di Scaletta e alla direzione di Ferro, si presenta come un testo fresco e pertinente, dimostrando che i grandi classici, se ben riproposti, non invecchiano mai.
“Indovina chi viene a cena?” non è solo un omaggio ad una pellicola cult, ma una lezione di umanità che la platea del Quirino ha saputo accogliere totalmente, dimostrando che l’emozione, di fronte al coraggio e all’amore, resta immutata, ieri come oggi.
Claudio Costantino