Fabio Zuffanti: vi racconto la mia musica strana (terza parte)

Intervista a Fabio Zuffanti sul suo disco La foce del ladrone. Leggi la prima e seconda parte dell’intervista

Il tuo cd mi ha colpito e suscita molte domande. Per certi versi è autobiografico. Nel brano clou racconti con ironia come sia difficile proporre la “Musica strana” – come la definisci e come titoli – ancor più in un’epoca come l’attuale di ascolti distratti. Il tuo è senz’altro un disco di svolta, come lo fu “La voce del padrone” per Battiato. Segna iindubbiamente il passaggio verso la canzone d’autore.

E’ sicuramente l’album più autobiografico che io abbia mai concepito e tutte le canzoni in un modo o nell’altro raccontano di me o di mie esperienze con le persone. Credo che questa sia una cosa in fondo assai naturale, dopo 17 anni di prog ‘duro e puro’. Nel prog c’è una tendenza molto forte a concentrarsi sulla musica e a lasciare un pò da parte i testi. Testi che spessissimo trattano di storie metaforiche, oscure e delle quali difficilmente si comprende il significato. Niente di male in questo, anzi, si tratta una caratterista molto affascinante del genere. Dopo anni ho però sentito la grande esigenza di scrivere qualcosa che mi descrivesse più nel profondo e che tutti potessero comprendere. Poi le metafore non mancano (vedi il già citato ‘Lunar park’) però in generale c’è molta voglia di mettersi a nudo e di raccontarsi, a modo mio e senza particolari freni inibitori o schermi protettivi. La grande capacità comunicativa delle parole è stata per me è stata una bellissima scoperta. Ci sono persone che magari ci arrivano prima, a me invece sono serviti anni per avere il coraggio di espormi. Lo stesso coraggio di cui ti parlavo prima nell’affrontare un disco pop. Non è stato un passo semplice da compiere ma sono fiero di esserci riuscito. Che questo poi sia il mio passaggio alla ‘canzone d’autore’ non lo so. Non amo molto questo termine, mi fa pensare al tipico cantautore italiano, cosa che io non sono interessato ad essere, ma sicuramente segna il passaggio verso un modo d concepire la musica da parte mia più aperto e meno ‘aggrovigliato’.

Dall’inizio alla fine… Una delle canzoni più belle del tuo disco è quella di chiusura, dei saluti…”It’s time to land”, la definirei una “canzone-manifesto”. E’ finita una stagione… è definitivamente perso il sogno della musica immaginifica, dei King Crimson, di Robert Wyatt…  Vien voglia di mollare sembri dire in “La musica strana” E allora ti chiedo: stai mollando (il prog)? Anche se la risposta forse l’hai già data nel brano di apertura “1986 (an a solitary beach): “L’unica cosa da fare è continuare a correre/corri corri sopra le onde/ il domani nasce adesso”. E il basso è sempre lì a pulsare frenetico…

Le parole che canto in ‘1986’ sono assolutamente veritiere e ti dirò che questo disco (grazie anche al successo che sta ottenendo) contribuisce ad inaugurare un nuovo inizio con ancora più consapevolezza dei miei mezzi. ‘It’s time to land’ ha un finale ironico e assai amaro ma questo non vuole dire che dobbiamo disperarci. Certo, abbiamo capito tutti che quello che molti di noi speravano, un ritorno alla musica fatta col cuore, è al momento una grossa utopia. Ma è compito di ognuno di noi tenere accesa la fiamma e non vivere nella disillusione che ‘tanto non cambia nulla’. Questa è una cosa sbagliatissima da pensare. Su ‘It’s time to land’ mi arrabbio con il dilagare della musica ‘plastificata’ ma allo stesso tempo mi incavolo doppiamente con chi mi dice che non c’è nulla da fare e che se voglio fare seriamente il musicista devo ‘cambiare genere’. Non sia mai! Io voglio fare la MIA musica e voglio lottare con tutte le forze per essa, per essere libero di fare prog, pop, jazz, elettronica o quello che voglio, avendo, se possibile, l’opportunità di fare sentire in giro ciò che faccio così come fanno i ‘grandi’ della canzone italiana. Per questo ce l’ho a morte con certe radio e sono pronto a sostenere una battaglia perché le cose cambino. E le cose devono cambiare perché oramai siamo ad un punto di rottura e non reggo più il fatto di vivere in un paese dove la ‘non-cultura’ è dilagante. Le persone non possono e non devono ogni giorno fare proclami sul malgoverno ma essere così rammollite da pensare che tutto il resto, i problemi che affiggono la musica, il cinema, il teatro, ecc…debbano rimanere irrisolti perché tanto ‘non cambia nulla’ o ‘non ne vale la pena’. Ognuno di noi ha il dovere morale di combattere perchè le cose cambino! Per quello che riguarda un mio presunto abbandono del prog al momento non è previsto. Amo sempre molto questo genere e ho ancora molta voglia di produrre dischi che possano esplorarlo e omaggiarlo. Sto per cominciare a registrare il nuovo Hostsonaten che sarà basato sulla trasposizione in musica del poema inglese ‘The rime of the ancient mariner’. Il prossimo anno poi saremo in pista a con i nuovi dischi de la Maschera di Cera e, forse, dei Finisterre. Per quello che riguarda il mio lavoro solista ho deciso di prendermela calma e far si che ‘La foce del ladrone’ possa avere il riscontro che merita spingendolo in ogni dove. Ho comunque già qualche ideuzza per il mio nuovo albun solo che si preannuncia ancora diverso da ‘La foce…’ ma non per questo meno ‘comunicativo’.

a cura di Gaetano Menna

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