Il teatro di Arnaldo Ninchi. A colloquio con Valeria Freiberg

Dieci anni fa la scomparsa di Arnaldo Ninchi, grandissimo attore, regista, pedagogo teatrale italiano. Fu un appassionato interprete del teatro di Pirandello. Ha avuto anche una lunga carriera cinematografica (memorabile il ruolo del boia nella pellicola “Magnificat” di Pupi Avati del 1993), di sceneggiati televisivi e come doppiatore. Faceva parte di una dinastia d’arte: sia il padre Annibale che lo zio Carlo sono stati attori come pure la loro cugina Ave… i Ninchi sono, accanto ai De Filippo, la più nutrita dinastia di teatranti in Italia. Arnaldo indubbiamente aveva nel DNA l’arte teatrale. Colpisce però il fatto che i Ninchi, a differenza dei De Filippo, non recitarono mai insieme.
Tra l’altro fondò l’Associazione Ariadne, che è ancora attiva. Di Arnaldo Ninchi e della sua “eredità” culturale parliamo con Valeria Freiberg, che ne ha raccolto il testimone alla guida dell’Associazione Ariadne.

Freiberg – nel decennale della scomparsa di Arnaldo Ninchi (avvenuta a Roma il 6 maggio 2013) lei, sui social media e sul portale web dell’Associazione Ariadne – Compagnia Teatro A, ha voluto ricordare le doti professionali ed umane di questo grande attore ed onorarne la memoria. Qual è il suo ricordo dell’artista?
L’incontro con Arnaldo ha segnato profondamente la mia vita lavorativa, trasformandomi anche come persona. Ci siamo incontrati durante una piccola rassegna teatrale, in cui Arnaldo doveva leggere un brano tratto da “Il treno dell’ultima notte” di Dacia Maraini. Mi aveva chiesto un aiuto con la regia, sebbene non avesse assolutamente nessun bisogno del mio intervento. Nonostante ciò, si interessò molto alle mie proposte e insieme realizzammo un ottimo lavoro. In seguito, Arnaldo venne a vedere alcune prove che stavo facendo con un gruppo di giovani attori e passammo molto tempo a parlare, esclusivamente di teatro. Avevamo numerosi progetti in mente: stavamo preparando la messa in scena di “La Mite” di Fëdor Dostoevskij quando purtroppo ci lasciò. Le nostre ultime telefonate sono ancora vive nella mia memoria. Arnaldo era entusiasta e sperava di riprendere il lavoro al più presto. Per anni mi aveva chiesto di prendere in mano la sua compagnia, chiamata inizialmente “Compagnia Sociale” e successivamente trasformata nell’Associazione Ariadne. All’inizio non mi sentivo pronta, ma poi ho capito che aveva bisogno di un aiuto, di un sostegno, e ho accettato. Con grande serietà mi disse: “Ora sei il Direttore Artistico, ma se io avrò bisogno…”. Lo interruppi: “Arnaldo”, risposi, “Ariadne è e sarà sempre la compagnia di Arnaldo Ninchi”. Ed è proprio così che cerco di portare avanti il lavoro e la vita dell’Ariadne: ricordando le radici e guardando avanti. Mi sento responsabile.

Come e quando ha raccolto il testimone di Arnaldo nell’Associazione Ariadne?
È stato a settembre del 2012, mentre stavamo lavorando insieme a un progetto per una rassegna teatrale. Arnaldo aveva una grande fiducia in me e nelle mie intuizioni professionali. Personalmente, trovavo affascinante l’idea di creare una compagnia di giovani che parlasse ai giovani. Arnaldo possedeva una straordinaria visione del teatro e una profonda conoscenza del mestiere. Va detto che Arnaldo non era molto ascoltato dall’ambiente teatrale italiano negli ultimi anni, nonostante le sue idee di grande spessore professionale. Egli comprendeva perfettamente che il teatro, pur avendo bisogno di innovazione, è un mestiere artigianale unico e complesso. Ecco perché, proprio come si faceva un tempo, si concentrava sull’insegnamento del mestiere attraverso il lavoro quotidiano all’interno della compagnia. E io cerco di fare esattamente lo stesso.

Nel corso del tempo e sotto la sua guida l’Associazione Ariadne si è focalizzata sul teatro per e con i giovani, con una mission fortemente formativa. Secondo lei, come avrebbe visto questa svolta operativa Arnaldo Ninchi?
La consapevolezza che quello dell’Ariadne sia visto come un percorso “fortemente formativo” mi fa capire quanto seriamente abbiamo preso in considerazione la visione di Arnaldo. Appartenente a una famiglia di teatranti, la sua storia è radicata nel teatro italiano del Novecento, un teatro in cui le persone sapevano davvero recitare e il mestiere veniva insegnato attraverso il lavoro in compagnia. Cerco di fare esattamente la stessa cosa. Oggi, più che mai, diventa evidente che le scuole di recitazione non preparano i giovani attori alla vita professionale. Spesso, il lavoro teatrale stesso viene visto come un piacevole hobby. Ma l’Ariadne è una compagnia professionale e quindi esigo professionalità e dedizione artigianale, proprio come si faceva un tempo.

Nel decennale della scomparsa di Arnaldo Ninchi come lo si può omaggiare?
Qualche tempo prima di morire, Arnaldo ha registrato un CD con delle poesie e me lo ha regalato, dicendo: “Sono un attore…, ma qualche volta sono anche un Artista”. Arnaldo era un grande Artista, con tutti i pregi e i difetti di un teatrante di talento, ma la sua umanità generosa, la sua conoscenza del mestiere e il suo amore per il teatro lo rendevano unico. Il miglior omaggio che posso rendergli è continuare a preservare la sua eredità, mantenendo viva la passione e l’impegno per il teatro, e promuovendo l’arte teatrale nel suo spirito autentico…. almeno spero…

a cura di Brunella Brienza

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