Eliseo: all’epilogo della partita a scacchi. Un grande Glauco Mauri nel dramma beckettiano

“Finale di partita”. La recensione.
In scena al Teatro Eliseo fino al 15 ottobre 2017

L’allestimento di “Finale di partita”  del regista Andrea Baracco (in prima nazionale al Teatro Eliseo) trasforma il palcoscenico  in una sorta di rifugio post atomico dove quattro derelitti si giocano la loro partita con la vita negata, odiata, temuta. Più che vivere, trascinano la loro esistenza augurandosi che fuori da quello spazio chiuso non ci siano esseri e specie viventi neppure minime. Tutto deve finire con loro per non prolungare l’agonia del vivere.

I due personaggi principali dell’opera teatrale di Samuel Beckett, Hamm (Glauco Mauri) e Clov (Roberto Sturno) svolgono una specie di partita a scacchi che è giunta all’epilogo. Siamo in quella fase di gioco in cui sulla scacchiera sono rimasti pochi pezzi ed il Re diventa una figura molto attiva nella conduzione del gioco.

I due antagonisti in realtà sono complementari: Hamm (sulla scacchiera sarebbe il Re) è cieco e paralitico, e giace su una sorta di trono a rotelle; il figlio adottivo/servitore (Clov) al contrario, non riesce a stare seduto. Il primo personaggio ha la combinazione per aprire la dispensa ma non ha l’autosufficienza per nutrirsi; il secondo ha autosufficienza ma non il cibo. Con loro i due personaggi collaterali, i genitori di Hamm – Nagg (Mauro Mandolini) e Nell (Elisa Di Eusanio) – che non hanno arti e vivono nudi dentro delle specie di cassettoni con segatura che assorbe le loro deiezioni.

La partita è in una fase di stallo, perché non ci sono vie d’uscita. Ogni mossa (verbale) condotta dai due protagonisti principali non smuove quella situazione, ma il gioco deve concludersi e c’è un sol modo per farlo…

Bravissimi gli attori  nei panni di personaggi che parlano e girano a vuoto in un non mondo, apocalittico e asfissiante, e dichiarano l’assurdità dell’esistere.

Claudio Costantino

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