Teatro Sala Umberto: il male oscuro che attanaglia in una Rimini inusuale

“Il mondo non mi deve nulla”. La recensione
In scena al Teatro Sala Umberto fino al 10 aprile 2016

Spesso i romanzi di Massimo Carlotto nascono con una visione teatrale. Opere narrative pronte, da subito, a essere portate in palcoscenico. Soprattutto la serie di romanzi con la parola “Mondo” nel titolo (pensiamo a “Niente più niente al mondo” con Crescenza Guarnieri). E così è avvenuto per “Il mondo non mi deve nulla”, dove l’autore, immediatamente, ha lavorato sul suo adattamento teatrale, forgiandolo sulla caratura dei due interpreti (Pamela Villoresi e Claudio Casadio).

Con l’attenta regia di Francesco Zecca, le scene di Gianluca Amodio (con proiezioni grafiche sul velo di tulle) e le superbe interpretazioni dei due protagonisti, è nato davvero un piccolo capolavoro.

L’incontro tra l’ex croupier tedesca in pensione Lise (Pamela Villoresi) ed il ladro sfigato Adelmo (Claudio Casadio) è bizzarro e assurdo. I due sono così differenti, davvero agli antipodi.

È una Rimini diversa quella portata in scena; non quella delle orde di turisti caciaroni e distratti, del divertimentificio.

È così complessa e sfaccettata la personalità di Lise. Sbalzi di umori, inquietudini profonde, egoismo, ma anche sensualità, la voglia di ballare il mambo. Lei è una “bella tedeschina” – come la definisce Adelmo – che, a 60 anni, mantiene il suo fascino. Coinvolge totalmente l’uomo, sempliciotto, che non sa come approcciare con quella donna così enigmatica che lo turba, lo ammalia, da cui viene letteralmente travolto.

La richiesta di lei di aiutarla a farla finita con la vita lo sconvolge, eppure non riesce ad allontanarsi da lei; è calamitato alla donna. Le gira attorno, ruspante, con il caldo accento romagnolo. Le propone il suo mondo genuino e banale, ma lei è abituata ad avere successo e ricchezza e non accetta una vita ordinaria.

All’interno dell’appartamento di Lise predomina quello che Giuseppe Berto, nel suo romanzo cult, ha definito “Il male oscuro”. La voglia di farla finita, e le ombre cupe della caduta in un abisso profondo sono ben descritte dalle proiezioni grafiche sul velo di tulle…

Un grande romanzo è diventato un grande lavoro teatrale.

Claudio Costantino

About