Teatro Quirino: la scuola con le ali spezzate

“La scuola”. La recensione della prima del 29 marzo 2016.
In scena al Teatro Quirino fino al 10 aprile.

Con “La scuola” – diretto da Daniele Luchetti – si ripropone in teatro il ritratto impietoso della scuola italiana che risale agli inizi degli anni Novanta ma che ha, ancora oggi, viva attualità.

Poco è cambiato da allora nella scuola, tra disincanto, valori che si è incapaci di trasmettere, diplomificio, non collegamento con il mondo del lavoro.

Questa piéce – inizialmente intitolata “Sottobanco” e poi diventata anche un film cult – vede in scena solo i professori ed è il racconto della scuola attraverso i loro occhi. Sono come avviluppati in una tela, scaricano frustrazioni ed amarezze sugli studenti (che hanno le loro colpe naturalmente, come i genitori, la società, la politica).

Un cast d’alto livello, che dà spessore e caratterizza i vari protagonisti, ponendone in luce il lato professionale e quello umano, i pregi (pochi) ed i difetti.

Protagonista è Silvio Orlando (il prof. Cozzolino di Lettere, sognatore innamorato). Con lui: Marina Massironi (la prof.ssa Baccalauro di Ragioneria, indecisa se iniziare la storia d’amore con Cozzolino, di cui tutto il corpo docente fantastica); Roberto Citran (il preside con grandi lacune culturali), Vittorio Ciorcalo (il sacerdote prof. Mattozzi di Religione che emana un cattivo odore); Roberto Nobile (il prof. Mortillaro di Francese, alcolista); Maria Laura Rondanini (la prof.ssa Alinovi di Storia dell’arte, gelosa della prof.ssa Baccalauro); Antonio Petrocelli (il prof. Cirrotta di Impiantistca, che il pomeriggio fa il secondo lavoro).

Siamo lontani dal ’68, ma anche dal ’77, la scuola è ora (nel 1991) come una balena arenata che non ha soldi e sogni, che si ritrova una classe docente allo sbando, strutture edilizie fatiscenti (la storia è ambientata in palestra dove è stata trasferita la sala professori inagibile), giovani lasciati al loro destino.

Lo studente che fa la mosca con le ali spezzate (nel racconto degli insegnanti) è il simbolo di una generazione perdente che ha poi trovato, fuori dai cancelli della scuola, precariato e carenze di tutele lavorative e sociali. Situazione che, negli anni, è iolo peggiorata. Non c’è la protesta ma un ronzio fastidioso, che cresce.

Questa commedia ha fatto scuola, è il caso di dire. Ha dato l’avvio ad un filone narrativo che ha tratteggiato impietosamente la scuola italiana, le sue carenze, disfunzioni, negligenze e colpe.

Claudio Costantino

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