“Figli di un Dio minore” al Teatro Sala Umberto: è il momento del deaf power. L’energia del silenzio

“Figli di un Dio minore”. La recensione della prima del 10 novembre.
In scena al Teatro Sala Umberto fino al 22 novembre 2015.

Figli di un Dio minore” – in scena al Teatro Sala Umberto fino al 22 novembre – parla dei non udenti con o senza parola, della loro difficoltà a inserirsi nella società. Un classico del teatro, dimenticato, mai rappresentato (tranne una volta, nella versione inglese al Festival di Spoleto del 1980). Eppure fu portato al cinema con grande successo nel 1986 e la protagonista, Marlee Matlin, vinse l’Oscar per quella interpretazione.

Nell’allestimento teatrale del regista Marco Mattolini il testo di Mark Medoff (nella traduzione di Lorenzo Gioielli) è diventato ora “teatro sociale” con gli attori che recitano esprimendosi con la parola ed il linguaggio dei segni e che porta in platea anche spettatori sordomuti. Tutto ciò senza interpreti a lato o sopra titoli… forse, a volte, alcuni passaggi non sono pienamente comprensibili agli udenti ed altri dai non udenti. Ma lo spettacolo davvero affascina e coinvolge.

Scenografia minimal (scene e costumi sono si Andrea Stanisci) con una lavagna ed una serie di panche in movimento che sanno essere casa, scuola alberi. Un velo di tulle nasconde un mondo altro, ovattato, dove ci sono la casa dei genitori di Sarah, le stanze dell’istituto per sordi…

Ascoltare e “vedere” gli applausi (c’è l’applauso silenzioso dei non udenti con l’agitare frenetico delle mani alzate) che questa commedia riscuote, fa comprendere che questa commedia ha vinto una grande scommessa. Merito della prova superlativa del protagonista, Giorgio Lupano che si è preparato per due anni, studiando il linguaggio dei segni (dietro le quinte, a fine spettacolo, lo abbiamo visto anche “conversare” con spettatori e fans non udenti, commossi ed emozionati).

Ha detto Giorgio Lupano: “I segni mi sono entrati a poco a poco nelle mani ed ora me li ritrovo davanti quando meno me lo aspetto, mi muovono le dita e mi fanno battere il cuore. I segni sono comunicazione, pensiero, risate, commozione. Modificano lo spazio, muovono l’aria, raccontano la vita”.

Va sottolineato il grande sforzo anche fisico a cui Lupano si sottopone nell’interpretare il ruolo di James, il professore logopedista che si innamora e cerca di far uscire dal suo guscio Sarah, allieva e poi moglie non udente (Rita Mazza). Nei dialoghi in palcoscenico, con un escamotage recitativo, l’attore parla per due ripetendo le battute di Sarah e allo stesso tempo “traduce” freneticamente le sue battute con i gesti per il pubblico dei sordomuti.

Bravissima, espressiva e comunicativa la coprotagonista Mazza, che si è formata, come attrice, all’estero (nel nostro Paese non è certo facile per un  sordomuto).

In evidenza tutto il cast con due talentuosi attori come Cristina Fondi e Francesco Magali e due sorprendenti giovani interpreti (non udenti ma parlanti), la simpatica Miss Italia sorda Deborah Donadio ed il potente Gianluca Teneggi, Le musiche  sono di Daniele D’Angelo e il suggestivo “Tema di Lara” è stato composto e interpretato da Giorgia (presente in sala alla prima romana).

Una commedia che sa parlare di amore e di impegno sociale perché vengano riconosciuti i diritti dei non udenti e la parità sui luoghi di lavoro. Racconta di voglia di amore che travalica le barriere uditive.

Il messaggio è che il mondo del suono ed il mondo del silenzio devono incontrarsi, possono sorreggersi. C’è bisogno di aiuto reciproco e proprio dal non udente può giungere una grande lezione di vita. Non a caso Teneggi indossa in scena la maglietta con lo slogan “Deaf Power”. Energia dei sordi, il potere del silenzio.

Brunella Brienza

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