Life Line Project (Paesi Bassi): “La musica è emozione. Raccontiamo il dramma del popolo armeno”

Life Line Project ha inciso ora il suo nono album, “Armenia” (Life Line Production). E’ un progetto particolarmente vitale, nato da un ensemble di validissimi musicisti dei Paesi  Bassi,  che sta per festeggiare i 25 anni di attività, anche se è nato, originariamente, negli anni ‘90, come one man show del  tastierista e pluristrumentista Erik De Beer, artista di caratura internazionale.
La formazione attuale vede, al fianco di Erik,  Ludo De Murlanos (percussioni e batteria), Elsa De Beer (flauto), Marion Brinkman (voce e percussioni), Dineke Visser (oboe) e Anneke Verhage (clarinetto).
cover_armeniaA dare il titolo all’album la suite“Armenia”, suddivisa in quattro movimenti. Molto prog, collegata a certe atmosfere alla Emerson, Lake & Palmer, per intenderci… cambi di ritmo, parti strumentali e la straordinaria vocalità di Marion Brinkman… La suite racconta la tragedia del popolo armeno nella guerra con la Turchia; un milione e mezzo di morti, uno sterminio per annientare un popolo. Dell’attività di Life Line Projec e del suo nuovo disco parliamo con Erik De Beer e Ludo De Murlanos.

Erik, musicalmente colpisce il brano di apertura, “New Flight”, un tributo a Jon Lord dei Deep Purple. Un omaggio anche sotto il profilo della tecnica strumentale collegando, nell’esecuzione, l’organo hammond con l’amplificatore Marshall per chitarra come faceva il grande tastierista rendendo il sound dei Deep Purple unico al mondo. Come nasce questo brano, questo omaggio al tastierista?
Erik: Mi è  sempre piaciuto tantissimo il suono solido dell’ hammond di Jon Lord e la sua manièra, talvolta, di sostituire il basso o i riff della chitarra elettrica con le sonorità dell’hammond, come nel brano “Highway Star”. E per questo che ho solo accompagnato il canto con un basso e qualche “grida” di hammond, per poi uscire con un solo distorto con il Marshall. Per me Jon Lord è stato sempre sottovalutato per la presenza in formazione del chitarrista Ritchie Blackmore.

zoundwork2014Tra le dodici tracce dell’album, c’è pure una rilettura di “Injustice” brano del progetto del gruppo Zoundworks, nato nei primi anni Ottanta. Come mai la scelta di inserire questo brano in questo nuovo lavoro?
Erik: Per essere onesto volevo primo registrare “Injustice” con la cantante originale di Zoundworks, Ankie Jansen. Questo non è stato possibile e allora abbiamo fatto questa versione con Marion Brinkman. Intanto ho anche potuto registrare un’altra versione per il mio album solo “Zoundworks 2014” con Ankie. In questa versione ho suonato, ancora una volta, tutti gli strumenti io stesso. Veramente “Injustice” è un po’ troppo “pop” per LLP.

C’è stata, nella scena degli anni ’70, una via europea al rock progressive. Che non è solo Inghilterra, Germania, Italia. C’era anche una via olandese penso ad esempio ad una formazione come i Focus , quella più popolare ma anche a gruppi come Trace alla ELP o i Flairck alla Jethro Tull … ci racconti le tue esperienze degli anni ’70?
Ludo: Per me gli anni settanta hanno significato soprattutto ascoltare la musica di formazioni rock come Deep Purple, Grandfunk Railroad, Santana e Argent. Ho iniziato  ad ascoltare il rock progressivo più avanti quando ho incominciato a suonare la batteria.
Erik: Nei Paesi Bassi c’erano anche i Earth & Fire, formazione molto sinfonica e con una brava cantante (Jerney Kaagman). Il  primo concerto a cui ho assistito fu proprio un live  di Earth & Fire nel ’71. Il  mio sogno fu di diventare un tastierista come Rick Van Der Linden –  che ha suonato con Ekseption e Trace, scomparso nel 2006 – unendo la musica rock con la classica. Però credo che sono stato soprattutto influenzato dalla musica italiana e dai tedeschi Triumvirat con l’incredibile  tastierista Jürgen Fritz.

Ti richiami (nei riferimenti ma muovendoti con grande originalità e personalità) al rock italiano e inglese (e non solo). Ma quanto contano, nel tuo sound, le radici della tua terra?
Erik: Come ti dicevo, la mia musica preferita è sempre stata quella Italiana, sia  il rock, sia il barocco. Scrivevo negli anni settanta, sul  giornale di scuola,  articoli su gruppi come PFM, New Trolls, Orme e Banco. Mi è sempre piaciuta molto la maniera barocca di suonare dei gruppi italiani e di inserire elementi folk. Ogni tanto inserisco qualche “briciola” di musica folk olandese nel nostro sound, come in The Dancing Dutchess sull’ album “Distorted Memories”. C’è pure un piccolissimo frammento di musica folk olandese nella prima parte della suite Armenia.

La suite del disco racconta la tragedia del popolo armeno. Come è nata l’dea di dedicare un album a questa drammatica pagina storica?
Erik: Mi sono sempre interessato molto alla storia del Caucaso, la culla della musica folk dell’ovest. La maggior parte delle nostre canzoni sono originarie del Caucaso come, per esempio, il brano “La Mantovana” che abbiamo inserito nel nostro album “20 Years After” del 2012. Poi sono stato sempre affascinato dalle follie del’umanità in tempi di guerra. Avevo letto molti libri sul Genocidio degli Armeni, come quello di Marcello Flores e così ho deciso di fare una composizione sul lato emozionale di un genocidio. Volevo esprimere soprattutto le impressioni, le paure, le speranze, la disperazione, ma anche l’apparente e cieca speranza in un futuro migliore e il desiderio di risorgere…

Armenia, musicalmente, è un disco, per certi versi, molto “vintage”, molto vigoroso, forse quello più intenso della Vostra carriera. In altri momenti è invece più “pop”, con richiami anche ad atmosfere genesisiane… Per non parlare dei momenti sinfonici.
Ludo: Con Armenia abbiamo voluto esprimere soprattutto  sentimenti in musica, Il sentimento della felicità… la forza del destino, le paure e le turbolenze antecedenti ai massacri, nella prima parte. Le violenze, i massacri, l’odio, l’ira, la solitudine, la disperazione  nella seconda parte. Una preghiera desolata, ma carica di attese e il sogno di un nuovo mondo risorto nella terza parte e poi un finale pieno di speranza e forza nuova. Peccato però che la nuova Armenia sia ancora un paese povero, pieno di criminalità e corruzione. Credo che Marion abbia cantato benissimo ed in modo molto emozionante i testi di Erik. Adesso si può solo sperare e desiderare che le cose per l’Armenia migliorino e che un giorno i Turchi riconoscano i loro crimini, ma temo che questa speranza sia vana…

a cura di Gaetano Menna

Il disco può essere acquistato QUI

 

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