Teatro Quirinetta: Ovazione per Gomorra che racconta la lotta tra il bene ed il male

“Gomorra”. La recensione della prima del 20 marzo 2012
In scena al Teatro Quirinetta fino all’ 1 aprile

Roberto Saviano si avvicina al microfono e comincia a parlare. La sua denuncia la fa in un’area controllata dalla camorra. Ad un certo punto il microfono viene spento. Ma non si può spegnere quella voce libera. Lui non si innervosisce, non si intimorisce e continua a parlare. A voce più alta senza amplificazione. Comincia così “Gomorra”, lo spettacolo teatrale tratto dal libro di Saviano che diventa anche personaggio teatrale (egregiamente impersonato da Ivan Castiglione). E’ in scena al Teatro Quirinetta fino all’1 aprile

La lotta tra il bene ed il male è impari ma non può essere disertata. E’ questo il messaggio che emerge pienamente da questo spettacolo scritto e diretto da Mario Gelardi, sotto la supervisione dello stesso Saviano.

In palcoscenico c’è il personaggio di Saviano (il bene), ci sono i due livelli della Camorra (il male): quello dei ragazzi dei bassi, ignoranti e amorali e quello dei boss (che sono giovani laureati alla Bocconi, acculturati ma ancor più amorali perché non fa male solo la violenza, la sopraffazione, fa male, anche e soprattutto, l’agire senza scrupoli).

Viene in risalto, in tutta la sua drammaticità, il problema dei rifiuti tossici sotterrati dalla Camorra nei terreni fertili del casertano e del napoletano. Si è avvelenato il suolo, si è condannato lo sviluppo, la salute, il futuro.

Il palcoscenico sembra un cantiere con colonne di cemento, impalcature e sacchi di terra. C’è un piano alto dove transitano le sentinelle delle aree bunker ma anche i boss a ricordarci il totale controllo del territorio dall’alto.

Indignano (ma fanno anche pena) i piccoli delinquenti ma ancor più rabbia fanno quei capi in eleganti doppio petto. Tra i personaggi c’è pure  quello del sarto (Ernesto Mahieux) chiamato dalla camorra ad insegnare alla manovalanza cinese (i nuovi schiavi) come realizzare abiti dl alta sartoria. Il sarto è, suo malgrado, testimone di cose che non dovrebbe vedere. Il rifiuto a farsi coinvolgere ulteriormente farà innervosire i boss.

Bello il personaggio di Saviano che si aggira nel cantiere polveroso, che cerca di aiuta i giovani delinquenti (ma è, la sua, una battaglia persa).

La norte violenta di uno dei giovani protagonisti è un monito (non c’è futuro) che cade nel vuoto e nel degrado.

Scioccante, drammatico, ma anche poetico; violento ma anche tenero: nello spettacolo emergono sentimenti contrastanti. Sconvolti e coinvolti gli spettatori hanno lungamente applaudito, tutti in piedi questo straordinario cast  che vede in scena Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Giuseppe Miale di Mauro, Adriano Pantaleo.

Monica Menna

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